Lloyd Jones
Il libro della gloria
traduzione: Andrea Sirotti
Einaudi,
210pp
Nel 1905 la squadra neozelandese
di rugby dava inizio ad una tournée intercontinentale per affrontare le
maggiori squadre europee ed americane, con il risultato di trentatre partite
vinte ed una sola sconfitta, ottocentotrenta punti conquistati e solo
trentanove subiti. Erano gli Original,
che la stampa ribattezzò presto gli All
Blacks, per la loro tipica tenuta nera o, come vuole la leggenda, per un
errore tipografico della descrizione della loro tecnica di gioco, all backs, ossia, tutti in attacco, una tattica che gli europei non avevano
mai sperimentato.
Il libro di Jones, già noto ai
lettori Einaudi per il suo Mister Pip,
non è un’opera di taglio giornalistico o un reportage storico in senso
classico, ma neppure un romanzo. Dovete pensare a Il libro della gloria come ad un vecchio ed ingiallito blocco
d’appunti, ad un album di scatti in bianco e nero, ad un diario di viaggio nel
vecchio continente, ed oltre. Come ad un coro ad una sola voce. A parlare degli
All Blacks, infatti, non è l’autore,
ma gli stessi All Blacks. Con un
insolito “noi narrante” – al tempo stesso di tutti e di ciascuno, onnisciente
ed autobiografico – ed una punteggiatura sapientemente quasi assente, Jones
ricostruisce un’unica grande eco storica, una haka immortale per quei ventisette ragazzi che fecero l’impresa.
Una serrata corrente di impressioni e ricordi ed ancora resoconti delle
partite, punteggi e persino i menù delle cene. Un ritmo di memorie (e di
lettura) intenso, anche se non sempre facile da sostenere, se non fosse per
quella voce che non sa perdere mai – neppure lei – l’entusiasmo.
Ma chi erano, poi, questi
ventisette eroi? Perché la vera storia è questa! Billy Stead è calzolaio, Billy
Wallace un fabbro, Bill Cunnigham un minatore, Jimmy Hunter un agricoltore.
Giusto per fare qualche nome. E queste origini umili gli All Blacks non le dimenticano mai, nonostante le vittorie, i
riconoscimenti e la fama.
Perché lo spirito degli Original,
e di questo omaggio di Lloyd Jones, è tutto nell’agonismo, nella nostalgia, in
quel loro “non volevamo interrompere l’Inghilterra, non volevamo attirare
l’attenzione su di noi” mentre, con lo sguardo pieno di stupore ed il passo un
po’ incerto scendono sul molo inglese al loro arrivo in Europa e nella Storia.
Luca Benedetti
(originariamente pubblicato su Pulp Libri n.80 luglio/agosto 2009)