Dale
Furutani
A morte lo shogun
A morte lo shogun
traduzione:
Michele Foschini
Marcos y Marcos,
260pp
Con A
morte lo shogun, Dale Furutani – giapponese di origini e americano
d’adozione - chiude l’arco narrativo iniziato con Agguato all’incrocio e Vendetta
al palazzo di giada e dedicato a Matsuyama Kaze. Siamo nel Giappone del
1600, lo shogun Tokugawa Ieyasu ha da poco consolidato il suo potere e Kaze è
ormai un ronin, un samurai senza padrone, ma con un ultimo incarico, ritrovare la
figlia dei suoi antichi signori, caduti durante l’ascesa dei Tokugawa. Giunto
nella città di Edo, dove la piccola è prigioniera in una casa di piacere, Kaze viene
coinvolto nel tentato omicidio del nuovo shogun, un complotto che dovrà
inevitabilmente risolvere per raggiungere il suo obiettivo primario. Se questa
premessa fa pensare ad un drammatico romanzo storico, lo stesso autore ammette,
in calce al libro, che il suo intento con questa serie è di divertire. Furutani crea, infatti, la figura di un über samurai capace di far incondizionatamente
fronte a ninja assassini ed a manipoli di soldati senza tema di sconfitta e
disonore, abile nell’arte della spada e del travestimento, nobile nelle scelte
e persino bello d’aspetto. Se tanta perfezione rende facile immaginare l’esito
della trama, in realtà, va detto che il vero pregio di questi libri risiede
altrove.
Più propenso alla commedia che al dramma, Furutani
allestisce, innanzitutto, una ricostruzione storica e sociale particolareggiata
e molto attenta ai costumi e alle usanze del Giappone feudale.
Con diversi close-up sui personaggi principali, alterna gli scenari più
altolocati a quelli più umili, passando per bische, bordelli e teatri – mirabile
la rappresentazione kabuki che Kaze
improvvisa – con uno sguardo attento alle rigide regole dell’onore e dell’etichetta
o alle più semplici consuetudini della tavola o dell’abbigliamento. Kaze
stesso, nel suo essere virtuoso, non è fine a se stesso, ma riecheggia nelle
sue azioni la spiritualità del buddhismo zen e l’etica del bushido, storicamente formalizzato proprio in quegli anni. Un
risultato che trascende la mera narrazione, grazie ad un innesto tanto fluido tra
realtà storica e finzione – complice anche una solida traduzione – da mettere a
proprio agio anche il lettore meno vicino ad una cultura così remota e lontana.
Sebbene, poi, Furutani metta la parola fine
alla saga, negli ultimi capitoli tratteggia perfettamente un promettente
background per la giovane protetta di Kaze, che non può che far pensare ad un
probabile seguito a questa trilogia.
Luca
Benedetti
(originariamente
pubblicato su raramente.net)
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