Ian
McEwan
Blues
della fine del mondo
traduzione: Susanna Basso
Einaudi, 47pp
Nato come una lettura presso l'Università di Stanford e
poi pubblicato nel volume The Portable Atheist: Essential Readings for the
Non-Believer a cura di Christopher Hitchens, Blues della fine del mondo
è un esile ma robusto saggio sul rapporto tra l’uomo e la sua finitezza.
McEwan inizia proprio con i suoi interlocutori, pensando ad una
fotografia del loro incontro che un giorno non rappresenterà altro che qualcosa
di ormai finito, concluso, passato e forse antiquato, proprio come lo sono per
noi, oggi, delle vecchie foto di appena un secolo fa.
Dopo questo incipit freddo e morboso, McEwan allarga il suo sguardo
all’umanità intera, con un aneddotico excursus dei movimenti millenaristici
medioevali fino alle più recenti aggregazioni religiose statunitensi.
Se prima la fine del mondo aveva come riferimenti scenari apocalittici e
fuori dal controllo dell’uomo, oggi potrebbe essere l’uomo stesso a spingere i
bottoni sbagliati. Ma McEwan non fa una polemica sul nucleare. Riflette, più
che altro, sul bisogno che l’uomo ha di una compiutezza, di dare un volto o un
nome alla propria temporalità. Che siano un dio o la storia, che sia
l’anticristo o un esperimento sui buchi neri a segnare quei punti di non
ritorno per il genere umano, questi, in realtà, sono solo un modo per cercare
risposte, risposte che, per assurdo, una fede religiosa non può che rimettere
solo che a se stessa e alla sua innata ineffabilità. Non ha importanza quale
sia il credo, piuttosto la forza di un pensiero apocalittico che risiede nel
credo stesso. E non nella scienza! L’approccio di McEwan non può essere che
ateo o, se non vogliamo dare etichette, sicuramente analitico e razionale. Non
esclude che il credente possa essere nel giusto, ma si preoccupa che questi
possa avere almeno un ragionevole dubbio sulle proprie certezze. Tutto questo,
per McEwan, è possibile solo grazie alla curiosità, laddove “le religioni
ufficiali hanno sempre avuto, per usare un eufemismo, un rapporto difficile con
la curiosità”, ovvero con la volontà di capire. Se la scienza oggi non ha
potuto ancora determinare cosa sia certo e cosa sia vero in assoluto, è della
curiosità che deve avvalersi per rimanere quell’unica fonte di “conoscenza
genuina e verificabile del mondo”. L’uomo vivrà pure nell’incertezza, ma,
conclude McEwan, “affrontare tale incertezza costituisce il mandato della
nostra maturità”.
Luca Benedetti
(originariamente pubblicato su Pulp Libri n.78 marzo/aprile 2009)
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