Paul Auster
La vita
interiore di Martin Frost
traduzione: Massimo Bocchiola
Einaudi, 145pp
“(Voce fuori campo) Ma che ne sapeva?
Qualche ora di silenzio, qualche boccata d’aria pura, e d’un tratto l’idea di
una storia stava già aggirandosi nella sua mente.”
Martin
Frost, terminato il suo ultimo libro, si concede un periodo di riposo nella
casa di campagna dei suoi amici, Diane e Jack Restau, ma al suo arrivo scopre
di avere già nuova ispirazione. E non solo. La mattina dopo, svegliandosi,
trova nel suo letto una sconosciuta che sostiene di essere la nipote di Diane,
Claire Martin. Superate le prime diffidenze, Martin se ne innamora, ma mentre
il suo libro fa progressi, lei lentamente si indebolisce e si ammala. Una strana
coincidenza che desta in Martin il sospetto sulla vera natura del loro
incontro.
Quarta
prova di Auster alla regia - dopo Smoke
e Blue in the face con Wayne Wang nel
’95 e Lulu on the Bridge nel ’98 - la
storia di Martin Frost, prima di diventare il lungometraggio che è oggi, ha
girato nei cassetti della mente di Paul Auster per almeno dieci anni, scritta inizialmente
per un cortometraggio mai girato e, in seguito, trasformata in uno dei film di
Hector Mann nella finzione narrativa de Il
libro delle illusioni che Auster pubblicò nel 2002.
Di
quest’ultima e ampliata stesura cinematografica, l’autore della Trilogia di New York ne parla come “la
storia di un uomo che scrive la storia di un uomo che scrive una storia”, una
definizione che non ci deve stupire, perché ne La vita interiore di Martin Frost di storie se ne intersecano molte:
quella della sceneggiatura stessa, quella che Martin scrive, quella che vive
con Claire e quella vera, che Frost appunterà su un taccuino per fermare sulla
carta l’inspiegabile verità sulla sua Claire. Una narrazione a incastro tra il
Martin Frost scrittore e il Martin Frost personaggio, tra la Claire donna e la Claire musa, un triplice
riflesso tra materiale di scrittura, vita reale e resoconto biografico del suo
inverosimile ritiro sabbatico. Auster, però, compie una scelta espressiva meno
marcata ed esplicita rispetto ai più recenti Viaggi nello scriptorium o Uomo nel buio, ben gestendo, con un
confine più sottile, verrebbe da dire poetico, il ruolo dello scrittore, la
creatività e l’esperienza diretta, rompendo lo schema
ispirazione/autore/scrittura per riassemblarne uno non transitivo e più
omogeneo, dove i tre elementi coesistono allo stesso livello, sostituendo la
storia inventata con quella vissuta, in un conflitto di sentimento e arte.
Luca Benedetti
(originariamente pubblicato su Pulp Libri n.79 maggio/giugno 2009)
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